Tra le notizie più “scottanti” (è proprio il caso di
dirlo) troviamo quella avvenuta la mattina del 09 febbraio. In Francia, a
Flamanville, una centrale nucleare ha fatto spaventare gli abitanti della
cittadina, che hanno udito una forte esplosione. Il rischio atomico è però stato
abilmente evitato, grazie agli operai della centrale che hanno spento in tempo
il reattore centrale. In tempo per cosa, fortunatamente, non lo sapremo mai.
L’esplosione, che avrebbe causato un forte incendio, si è verificata nella sala
macchine della centrale, ed è stata gestita al meglio dai Vigili del Fuoco. In
ogni caso, la prefettura locale tranquillizza i cittadini eliminando l’ipotesi
di un disastro nucleare. A chi pensa che “tanto le centrali nucleari sono in
Francia” (so che ci siete anche voi) ricordo che stiamo ancora pagando le
conseguenze delle bombe atomiche sganciate in Giappone alla fine del Secondo
Conflitto Mondiale, figuriamoci se esplode una centrale nucleare in Francia…
Senza dimenticare che l’Europa conta 150 centrali, tutte attorno all’Italia.
La seconda notizia, non tanto fresca ma comunque di
bruciante attualità, riguarda purtroppo la Siria. Ormai le vicende del Vicino
Oriente sono note a tutti, quelle che a volte si dimenticano sono però le
condizioni in cui versano le vere e proprie vittime della guerra: i bambini.
Sono sempre i bambini che pagano le conseguenze delle crisi di qualsiasi tipo,
poiché non possono avere un futuro, almeno non nelle condizioni imposte da
queste guerre che vanno avanti ormai da fin troppo tempo. I bambini, gli esseri
innocenti per eccellenza, siamo abituati a vederli giocare a calcio in piazza,
rincorrersi, andare sull’altalena, girare in bicicletta, recitare poesie in
piedi sulla sedia la sera di Natale. Eppure i bambini in Siria non solo non
recitano la poesia a Natale, ma non possono neanche girare in bicicletta, né
rincorrersi, né andare sull’altalena. Non possono neanche andare al parco,
perché probabilmente nella loro città un parco non c’è più. Giocano per strada,
tra le macerie e le bombe inesplose, tra un palazzo crollato e una camionetta
che passa, carica di soldati.
La domanda che dovremmo porci è una sola: vale
davvero la pena portare avanti una guerra in un posto in cui la guerra non si è
mai fermata, in cui per i bambini è normale vivere in mezzo agli attacchi
terroristici e alle mine anticarro, senza una casa?
E a proposito di chi una casa non ce l’ha, veniamo
all’ultima notizia della giornata, la storia di Valentina. Oggi Valentina ha
quasi diciott’anni, e per il suo compleanno vuole farsi un tatuaggio, le ultime
tre parole che ha dedicato alla nonna la sera del 23 agosto, e che tiene per
sé, le custodisce gelosamente. Vuole tatuarsele per un motivo ed uno solo in
particolare. Quella sera avrebbe dovuto dormire dalla nonna (lavorava in una
pasticceria vicina e lontana dalla casa dei genitori), ma quella sera sentì
sotto casa il clacson dell’auto della madre, che si era recata lì per
prenderla. Sarebbe una storia semplice, di una banale quotidianità, se non
fosse che è ambientata in un paese che conosciamo solo per i recenti
avvenimenti: Amatrice. Nel terremoto del 24 agosto molte case sono crollate.
Ora al posto del palazzo in cui abitava la nonna ci sono solo macerie, e
proprio sotto le macerie è stato trovato il corpo della nonna di Valentina. Una
storia tragica che fa riflettere…
Perché assorti nella vita di tutti i giorni,
fortunati (perché siamo realmente fortunati) soltanto per avere un tetto sulla
testa, dimentichiamo che in Italia, ad una manciata di chilometri da noi, delle
persone, dei ragazzi, stanno vivendo nei container, in accampamenti fatti per
il bisogno “momentaneo” di avere un posto in cui dormire (e non per viverci).
Molti di loro hanno perso i genitori, dei parenti, degli amici, le persone che
amavano, e non solo. Molti di loro hanno perso la macchina, quasi tutti una
casa. Ma ciò che non hanno perso è la speranza. Perché lo sappiamo, sul fondo
del vaso di Pandora rimase solo la speranza. Pensandoci un po’ su, il cuore è
il vero e proprio vaso di Pandora: pieno di emozioni, rabbia, gioia,
malinconia, paura, etc… E sul fondo, sola come sempre, la speranza.
In conclusione, tra esplosioni e centrali nucleari,
guerre in oriente e terremoti devastanti in Italia… Mi sembra di aver avuto un
Déjà Vù.
E c’è Albano a Sanremo.
Che palle ‘sti anni 80’.
Editoriale di Pietro Tancredi - VB
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